Le ombre cinesi del tessile Maxi frode fiscale: 3 arresti

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Mercoledì 20 Settembre 2017, 05:00
L'OPERAZIONE
URBINO Scatole cinesi ben studiate per evadere il fisco ma la compagnia di Urbino della Guardia di Finanza non ci casca e attraverso operazioni pianificate, battezzate Speedy Chinese 2 (l'1 faceva riferimento ad un intervento del 2016), manda all'aria tutto il marchingegno fraudolento. Un intervento che non trova precedenti. Dodici le persone indagate per gravi reati tributari, quali l'omessa dichiarazione, l'occultamento di scritture contabili e la sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte. Tre di queste sono accusate di associazione per delinquere.
Custodia cautelare in carcere
E' stata così accertata un'evasione di imposta per oltre 2.100.000 euro che ha consentito all'Autorità Giudiziaria a tutela degli interessi della collettività, di avanzare e ottenere dal gip del Tribunale di Urbino l'emissione delle tre ordinanze di custodia cautelare in carcere, all'istituto penale di Villa Fastiggi, e del provvedimento di sequestro preventivo finalizzato alla confisca dei beni, fino alla concorrenza del profitto del reato. Per questo motivo sono stati espropriati beni per oltre i 2.100.000 euro accertati dall'evasione fiscale. I tre sono imprenditori individuali, di etnia cinese, operanti a Fossombrone (dove si trova una singola unità lavoratrice) e Senigallia (5 o 6 dipendenti), nel settore del tessile e dell'abbigliamento «non solo cinese ma anche e soprattutto per conto terzi ha rimarcato il comandante della Compagnia di Urbino, Arcangelo Mottola - cioè per ditte italiane di una certa entità che per ovvi motivi di privacy si sottacciono. Una cosa è certa: con strategie illegali e fuori norma toglievano lavoro ad aziende serie del territorio».
Prestanome per aggirare i controlli
Considerata nel suo complesso l'operazione Speedy Chinese già nel 2016 aveva dato i primi frutti con l'arresto di un altro imprenditore cinese ed il sequestro di beni riconducibili a dieci indagati per oltre 1.600.000 euro. Questa seconda splendida azione costituisce la risposta della Guardia di Finanza della Provincia di Pesaro e Urbino ai fenomeni evasivi più gravi, che producono conseguenze snaturate per l'economia favorendo la concorrenza sleale a danno delle imprese virtuose. Le indagini, affidate dalla Procura urbinate, hanno fatto emergere un insidioso fenomeno scorretto basato sul metodo cosiddetto apri e chiudi, ideato dai componenti l'associazione a delinquere e finalizzato ad una sistematica evasione fiscale. I 3 protagonisti, cioè, aprivano aziende e le chiudevano quando sentivano la pressione della Finanza su di loro. Passata la tempesta dei controllo le riaprivano usando prestanomi o identità dei propri dipendenti. Anche sotto minaccia: «Se vuoi lavorare o accetti o te ne vai».
Pedinamenti e geolocalizzazioni
«Dall'anno 2011 si legge in una nota della compagnia di Urbino della Guardia di Finanza - i tre imprenditori cinesi esercitavano la loro fiorente attività economica avvalendosi, come detto, di micro - imprese individuali in senso stretto create ad hoc intestate a lavoratori dipendenti compiacenti che fungevano da prestanomi per schermare gli effettivi beneficiari degli utili realizzati, sui quali non venivano pagate le relative imposte». Il comandante della compagnia di Pesaro, Andrea Rizzo, precisa: «Le investigazioni sono state sviluppate attraverso pedinamenti, geolocalizzazione e analisi di voluminose documentazioni contabili relativi a diversi soggetti economici».