Dopo Teuco la Fermani Èallarme occupazione

3 Minuti di Lettura
Domenica 22 Aprile 2018, 05:04
IL LAVORO
MACERATA Prima la Teuco di Montelupone, dopo la Fermani di Petriolo. Due schiaffi al territorio in rapida successione, con il fallimento dell'azienda di vasche e accessori da bagno e poi con la delocalizzazione in Veneto del calzaturificio che ha la sua sede a Petriolo. In una provincia già colpita prima dal terremoto poi da una sequela di tragici fatti che l'hanno portata negativamente alla ribalta delle cronache nazionali, arriva un durissimo colpo che coinvolge non solo i lavoratori di queste due imprese, ma anche le loro famiglie e l'indotto che girava intorno alla produzione effettuata in queste aziende.
La situazione
Alla Alberto Fermani srl la produzione di calzature è stata sospesa il 31 marzo. Ma si tratta dell'epilogo di una storia che negli ultimi anni era passata attraverso una precedente crisi, nel 2013, cui aveva posto rimedio l'imprenditore Cleto Sagripanti che aveva rilevato la proprietà continuando la produzione di calzature a Petriolo. Il marchio Af Srl, che produce calzature da donna, nell'ottobre del 2013 aveva chiuso e circa 70 dipendenti erano rimasti a casa. L'arrivo di Sagripanti, prima con l'affitto di ramo d'azienda e poi nel 2016 con l'acquisto del marchio sembrava aver risolto la crisi. Invece ecco arrivare la doccia gelata della chiusura dello stabilimento di Petriolo e la delocalizzazione in Veneto della produzione. Ai 32 lavoratori è stata offerta la possibilità di continuare a lavorare nella nuova sede.
L'altro caso
Si è trascinata invece per molto più tempo la crisi della Teuco, passata attraverso cambi di proprietà, licenziamenti, ricorso continuo ad ammortizzatori sociali. Fino all'epilogo del fallimento, decretato dal tribunale di Macerata che coinvolge gli ultimi 109 dipendenti rimasti che da mesi non ricevevano più lo stipendio né la cassa integrazione. Una situazione che coinvolge diversi comuni come Montelupone, Recanati, Potenza Picena, Civitanova e Porto Recanati. L'istanza di fallimento era stata presentata a dicembre dopo che nel 2017 la produzione si era completamente fermata. «Purtroppo quanto accaduto a queste due aziende non sono le uniche criticità che ci sono nel maceratese ribadisce Daniel Taddei, segretario della Cgil provinciale -. Purtroppo ce ne sono di simili che potrebbero esplodere: io mi auguro che non succeda ma è innegabile che il timore ci sia». Il declino industriale del territorio dura da tempo: è iniziato in coincidenza della crisi economica del 2008 che ha innescato una serie di chiusure di cui Teuco e Fermani sono solo gli ultimi episodi.
L'analisi
«Da quel momento prosegue Taddei - segnali di ripresa sono stati sporadici mentre si è verificato un costante aumento delle difficoltà aziendali. Questo è ancor più preoccupante perché vediamo che nel nord Italia c'è un minimo di ripresa che porta ad aumentare il divario con noi. È dovuto soprattutto ad una miopia industriale di chi fa impresa qui: al di là di poche eccellenze di chi fa investimenti, innovazione, ha capacità organizzativa e produttiva che ancora resistono nel nostro territorio, vediamo che il vecchio modello marchigiano dell'imprenditore che pensa solo alla compressione dei costi, al risparmio, porta poi a crisi aziendali irreversibili. Se a questo aggiungiamo gli effetti deleteri del terremoto, che ha inciso sulla zona dell'entroterra soprattutto che era già in difficoltà prima del sisma, ecco che il quadro si completa. Laddove, poi, gli investimenti statali non aiutano: non ci sono fondi mirati ma solo agevolazioni a pioggia che vengono dati a tutti». Dietro a questa decadenza dell'imprenditoria maceratese in generale però rischia di esserci anche una difficoltà nel passaggio generazionale, problema che si assomma al periodo di crisi economica generalizzata.
L'aspetto
«Anche questo aspetto lo abbiamo più volte denunciato ribadisce Taddei -, chi aveva costruito, fatto nascere e sviluppare l'impresa poi conosceva fino in fondo, in ogni angolo, la sua azienda. Adesso, per essere imprenditori, c'è bisogno di qualcosa di più. Non è più l'artigiano che trasforma la sua bottega. È necessaria una visione più ampia. Poi la scelta di risparmiare sui costi o andare all'estero è una scelta che penalizza il territorio e non valorizza di certo i prodotti». Il problema delle infrastrutture resta sullo sfondo e continua a penalizzare fortemente chi decide di fare impresa nella nostra regione. «È un tema irrisolto cui la Regione Marche dovrebbe invece guardare approfonditamente conclude Daniel Taddei -. Infrastrutture non solo materiali, ma anche immateriali come banda larga e ultralarga. Oggi è impensabile fare impresa se non si dispone di collegamenti a banda larga: in più alcune parte dei nostri territori addirittura hanno ancora problemi con la copertura della linea telefonica. Così siamo messi».
Mauro Giustozzi
© RIPRODUZIONE RISERVATA
© RIPRODUZIONE RISERVATA