Dal dna ai codici bancomat così il terzetto è stato preso

3 Minuti di Lettura
Martedì 22 Gennaio 2019, 05:04
LA PROCURA
FERMO Sono passati dalla porta d'ingresso, usando una copia della chiave fatta qualche giorno prima. La finestra infranta sul retro era solo un depistaggio. Un modo per far credere che gli autori della rapina finita in tragedia ad Alteta di Montegiorgio, prima, a casa di Maria Biancucci non ci fossero mai stati.
Il passato
Non era così. Perché Davide Longo, il capo della banda che lo scorso 11 marzo ha ucciso la 79enne nella sua villetta in campagna, quel posto lo conosceva bene. Con una scusa aveva avvicinato il figlio della vittima, Marcello Balestrini. Era riuscito a entrare in casa e a studiare il circondario e le vie di fuga. Sono alcuni dei dettagli forniti ieri mattina in Procura durante la conferenza stampa che chiude le indagini su un caso che ha scosso profondamente il territorio. Con l'arresto, pochi giorni fa, di Zlatina Iordanova, il cerchio intorno all'efferato delitto si è chiuso. Un lavoro certosino, durato dieci mesi, che ha visto operare fianco a fianco Procura, Polizia giudiziaria, i comandi provinciali di Fermo e di Ascoli e le compagnie di Montegiorgio e Porto Sant'Elpidio. Ai quali il procuratore facente funzioni Alessandro Piscitelli ha rivolto un sentito ringraziamento. A rivelare i dettagli delle indagini il sostituto procuratore Francesca Pellini, titolare del fascicolo. «Il delitto ha spiegato è stato risolto grazie a un percorso investigativo a gradi. Nella prima fase, è stato essenziale l'aiuto dei carabinieri del posto, che hanno acquisito più elementi possibile per l'indagine a tappeto, in particolare nella cerchia delle conoscenze della famiglia».
La dinamica
Ricerche che hanno permesso di scovare il primo dei tre malviventi: si tratta dell'elpidiense Dante Longo, pregiudicato 49enne, arrestato lo scorso 18 luglio con l'accusa di omicidio aggravato. Nelle settimane precedenti la rapina, Longo si era avvicinato alla famiglia Biancucci, fino a ottenere la fiducia della vittima e del figlio che viveva con lei. Al punto da riuscire a sottrarre la chiave di casa, farne una copia e rimettere l'originale al suo posto, senza che nessuno se ne accorgesse. A incastrarlo, il dna lasciato sul nastro adesivo con cui l'anziana è stata legata e quello trovato sotto le unghie della vittima. I Ris di Roma hanno isolato un campione perfettamente corrispondente a quello di Longo. «Fermato ha spiegato la titolare delle indagini ha ammesso le sue colpe e chiamato in correità un altro individuo». Le ricerche si sono così concentrate su Sebastiano Piras, 35enne nipote di Longo, residente a Offida e con precedenti per reati minori. L'esame delle celle telefoniche hanno dimostrato la sua presenza sul luogo del delitto. Non solo. Il giorno dopo la rapina, le telecamere dell'Atm di Porto Sant'Elpidio l'hanno ripreso mentre prelevava denaro con il Postamat rubato nella villetta.
La casa
I malviventi che, per scegliere la casa da svaligiare, si erano basati su poche informazioni raccolte in giro, si aspettavano un bottino ben più sostanzioso. Hanno invece trovato solo circa quattrocento euro e due tessere con i codici pin. Nonostante il cappuccio in testa e un foulard davanti alla bocca, dopo una perquisizione che ha fatto ritrovare i vestiti e lo zaino usati durante il delitto e il prelievo, il 17 dicembre anche il secondo componente della banda è stato arrestato. Concorso in rapina e omicidio aggravati i reati contestati a Piras.
© RIPRODUZIONE RISERVATA