La finta moda made in Usa Sequestrati 700mila capi

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Venerdì 22 Marzo 2019, 05:04
L'INDAGINE
ANCONA Conosce un nuovo capitolo l'annosa vertenza legale tra il marchio newyorkese di moda giovanile Supreme NYC e il suo clone tricolore, la pugliese Supreme Italia, capace di inondare il mercato italiano e spagnolo con capi d'abbigliamento e accessori simili al brand americano, solo con il box rosso un po' più grande. Stavolta la società di Barletta che nel 2015 ha dato vita a un legal fake, approfittando della mancata registrazione in Europa del marchio Supreme NYC , incassa un colpo durissimo, con il sequestro in mezza Italia da parte della Guardia di finanza di Ancona di 700 mila pezzi tra giubbotti, jeans, pantaloni, felpe, maglioni, t-shirt, cappelli, zaini, trolley, skateboard e altro.
Tutta merce con i marchi - che si ritengono contraffatti - soprattutto della Supreme, ma anche di un altro noto brand del settore dello streetwear giovanile come Thrasher, per un valore complessivo di circa 10 milioni di euro.
Tutto era partito la scorsa estate, dalle bancarelle di un mercato rionale di Ancona, dov'erano esposte felpe, magliette e cappellini del quotatissimo marchio americano di abbigliamento giovanile Supreme, noto per aver avuto come testimonial il cantante Fedez. I finanzieri del Gruppo Tutela Economia del Nucleo di polizia economico-finanziaria di Ancona, al comando del colonnello Giuseppe Romanelli, si sono accorti che non si trattava di prodotti originali della casa madre americana e così hanno iniziato a ripercorrere indietro la filiera attraverso documenti di trasporto e fatture fino a risalire a società con sede legale a San Marino ma che producevano capi d'abbigliamento e accessori in distretti specializzati nel settore manifatturiero italiano,sdoprattutto quello di Barletta, dove la Supreme Italia è nat, oppure importati dalla Cina o dall'Albania.
Troppo somiglianti
Nulla a che vedere, se non per la fortissima somiglianza, con i prodotti originali della Supreme NYC, una casa di moda divenuta un cult per la cultura giovanile dei cosiddetti skaters, così gelosa del proprio brand da produrre i capi direttamente negli Usa con marchi ora registrati in Italia da parte di due società americane, detentrici dei relativi diritti. I finanzieri esperti di anti-contraffazione, dopo i primi accertamenti, hanno esteso gli accertamenti scoprendo altri prodotti che si ritengono contraffatti non solo nel mercato rionale di Ancona - dove arrivavano direttamente dal porto, con provenienza laboratori dell'Albania con marchi Supreme e Supreme Gold - ma anche in negozi di Urbino e persino in una boutique con vetrine sul luccicante viale Ceccarini di Riccione e in diverse altri paesi o città tra Emilia Romagna, Puglia, Campania, Sicilia Lazio, Toscana, Lombardia, Trentino-Alto Adige, Veneto.
L'operazione Golden Brand
I provvedimenti di sequestro - per un valore complessivo della merce di circa di 10 milioni di euro, che sul mercato sarebbe poi aumentato - sono stati emessi dalla Procura della Repubblica di Ancona a seguito delle indagini del Nucleo di Polizia economico-finanziaria della Guardia di Finanza dorica. Secondo le conclusioni dell'Operazione Golden Brand, condotta dagli specialisti della Sezione Diritti di Proprietà Intellettuale e Industriale delle Fiamme Gialle, le modalità di distribuzione e commercializzazione erano differenti rispetto a quelle rigidamente regolamentate dalle case madri. Le indagini hanno svelato un mercato parallelo creato e gestito da soggetti italiani ed esteri attraverso società con sede in Italia, Spagna, Regno Unito e Repubblica di San Marino. Uno scenario commerciale diverso dal solito mercato del falso, sia per la qualità dei manufatti che per l'organizzazione della distribuzione, che avveniva anche attraverso reti di agenti di commercio a cui venivano consegnati i campionari e che provvedevano a proporre affiancandoli ad altre note griffe di cui avevano la licenza. Un fenomeno insidioso, visto che l'abbigliamento Supreme e Thrasher contraffatto era presente anche nelle vetrine di note boutique sia della provincia di Ancona che a livello nazionale e la quasi totalità dei rivenditori, secondo quanto ricostruito dalla Guardia di finanza, erano all'oscuro del fatto che non si trattava di prodotti originali americani.
Sette denunciati
Alla fine sono stati denunciati in sette - due imprenditori e cinque tra intermediari e collaboratori, tutti pugliesi - per i reati di produzione, detenzione e commercializzazione di prodotti con marchi contraffatti e utilizzo di segni mendaci, proprio per i marchi troppo somiglianti. I sequestri sono stati fatti in molte regioni italiane, ma soprattutto al porto di Ancona, in un grosso deposito di Rimini e a Barletta. Contro il sequestro, convalidato dal gip del Tribunale di Ancona, avevano fatto ricorso i legali della Supreme Italia, producendo sentenze del tribunale di Trani che in passato avevano dissequestrato merce. Ma il Riesame di Ancona ha confermato i sequestri.
Lorenzo Sconocchini
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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