La cooperativa che gestisce il gruppo: «Abbiamo un continuo confronto con questura e prefettura»

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Mercoledì 20 Settembre 2017, 05:00
LA PROTESTA
ANCONA «In due anni abbiamo assistito a perquisizioni, fermi e sequestri di stupefacenti. Abbiamo sorpreso due giovani fare allegramente sesso lungo le scale, staccare il crocifisso dal muro perché non apprezzato da alcuni ospiti musulmani. Il condominio è un porto di mare. E noi cittadini? Abbandonati a noi stessi». Si dice stanco di sopportare «una situazione inaccettabile» Davide Baldoni, 46 anni, export manager per un'azienda del Fabrianese.
La testimonianza
Quando torna a casa dal lavoro per abbracciare la moglie e i tre figli, fra i 10 e i 13 anni, viene travolto da un senso di angoscia per un quartiere «diventato una kasbah con gente che orina e defeca en plein air e le case sismiche dove ormai si ha paura ad entrare». Davide vive in via Lotto 59, a due passi da corso Carlo Alberto, una delle zone più critiche di una città «precipitata - afferma - nel degrado più assoluto con la connivenza dell'amministrazione comunale». L'altro giorno ha deciso di mettersi al computer e scrivere una raccomandata indirizzata a sindaco e Corriere Adriatico per denunciare una realtà a suo dire intollerabile: l'appartamento accanto al suo è gestito da una cooperativa che si occupa di dare accoglienza ai richiedenti protezione internazionale.
«Fino a due anni fa - spiega - vivevano in questo immobile 4 nuclei familiari con bambini in età scolare. Poi il Comune e la cooperativa La Gemma hanno installato in un appartamento sfitto una comunità di migranti africani: 8 giovani in 100 metri quadri». Fin qui tutto nella norma, se non fosse che Baldoni è costretto a fare i conti con episodi sgradevoli. L'ultimo sabato scorso. «Una ragazza italiana con bottiglia di birra in mano, in evidente stato di ebbrezza, ha suonato al nostro campanello berciando un apri e dirigendosi nell'appartamento dei ragazzi di colore. A fare cosa? Poco dopo si è materializzato un uomo italiano che ho scoperto essere l'addetto alle pulizie. Perché a noi cittadini non viene chiesto un parere in merito alla sistemazione di gente sconosciuta e che non parla la tua lingua di fianco alla porta di casa?».
Davide non ne fa una questione di razzismo, «io ho lavorato in Africa, sono una persona tollerante e di mentalità aperta», bensì, di civiltà e pubblica sicurezza. «Notiamo un continuo via vai di persone ad ogni ora del giorno e della notte - ci spiega -, dal balcone sento spesso odore di marijuana, ho dovuto chiamare più volte la polizia per schiamazzi notturni. Fuori dal palazzo si creano assembramenti sospetti, situazioni equivoche. Non si capisce mai chi e quante persone abitino in quell'appartamento al terzo piano. Qualche tempo fa la mia vicina ha sorpreso una coppia che faceva sesso sulle scale. L'altro giorno uno di loro si è messo a fare pipì addosso a un materasso che qualcuno ha abbandonato sul ciglio della strada. Qui ci sono bambini piccoli, non è più possibile andare avanti così. Tutti vorremo andarcene, ma dobbiamo fare i conti con il crollo del valore immobiliare delle nostre case che ci sono costate tanti sacrifici».
Lo spavento
Lo spavento più grosso i residenti di via Lotto se lo sono preso quando, qualche mese fa, hanno visto arrivare delle auto della polizia a sirene spiegate. «Erano venuti ad arrestare un pusher ghanese che spacciava vicino alle scuole Elia e che abitava qui accanto a noi». Ma l'elenco delle criticità è molto assortito, a detta del signor Baldoni. Come quella volta in cui i vicini hanno rimosso un crocifisso che era appeso lungo le scale «perché evidentemente non era gradito a qualche musulmano». O quella in cui uno degli ospiti ha distrutto la cassetta della posta del signor Baldoni.
I danneggiamenti
«Era convinto che ci fosse posta per lui, non riusciva ad aprirla, così l'ha divelta. Ma intanto l'altro giorno in quell'appartamento si è presentato un tecnico per installare il collegamento wi fi...». Abbiamo contattato più volte l'associazione La Gemma per parlare con il presidente e chiedere spiegazioni, senza successo. L'unica a risponderci, senza però entrare nel merito della specifica questione, è stata una delle responsabili, la dottoressa Irene Santoni: «La nostra cooperativa si impegna in un continuo confronto con prefettura e questura e collaboriamo per segnalare episodi critici e persone contrarie a uno stile di vita adeguato - spiega -. Come dovere civico ci teniamo a che gli ospiti che non rispettano la legge vengano allontanati. È proprio in quest'ottica che partecipiamo alle riunioni condominiali, ove richiesto, per confrontarci con i cittadini in un momento in cui il tema dell'immigrazione è così sentito».
Stefano Rispoli
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