I temi in ballo: lavoro batte il fisco
L'esperto: «Timori veri, muoviamoci»

I temi in ballo: lavoro batte il fisco L'esperto: «Timori veri, muoviamoci»
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Martedì 13 Febbraio 2018, 16:28 - Ultimo aggiornamento: 21 Febbraio, 16:18
Quali sono i problemi avvertiti come urgenti dai marchigiani? Visti i recenti fatti di cronaca di Macerata e il conseguente bombardamento mediatico ci si sarebbe aspettati un ordine delle priorità per i marchigiani, che vedevano la sicurezza e l’immigrazione ai primi posti. Invece questi due temi restano indietro della classifica delle problematiche rilevate dal sondaggio del Corriere Adriatico. Interessano solo il 14,4% degli intervistati la prima e il 7,3% la seconda. Qual è dunque la questione che sta più a cuore agli elettori oggi? Il lavoro, indicato come urgenza da più della metà degli intervistati (55,2%). E la percentuale schizza addirittura a oltre il settanta per cento tra gli elettori del Pd. Il lavoro batte anche il fisco, fermo al 18,2% Cosa sta succedendo dunque nella regione del benessere, dove si mangia sano, si vive a lungo, nelle Marche dei distretti, del piccolo è bello, delle fabbriche aperte in ogni dove? Succede che ci sono forti criticità nel trovare lavoro o nell’avere un lavoro stabile, come conferma anche Daniela Barbaresi, vent’anni di storia in Cgil, oggi al vertice del sindacato regionale. «Il risultato del vostro sondaggio non mi meraviglia perché il lavoro più del fisco, è il problema dei problemi», commenta. Un lavoratore su tre nelle Marche è part time. E la maggior parte è part time obbligato. Il problema si concentra molto nel settore dei servizi.



Pochi stabili
Un altro dato significativo: nelle Marche i lavoratori a tempo pieno e indeterminato sono poco più di uno su due. Gli altri sono o precari o part time, con un reddito limitato o parziale. «Il lavoro non è solo fonte di reddito ma anche una dimensione in cui le persone si realizzano - aggiunge la leader sindacale -. Quindi la sua mancanza genera incertezza e insoddisfazione».
Lavoro priorità dei marchigiani anche perché le Marche sono la regione in cui la precarietà è più forte che nelle altre regioni del centro Italia. «Non mi stupisce cosa pensano i marchigiani ma che si parli troppo poco di lavoro e di quali prospettive si vuole dare allo sviluppo - è la critica mossa da Barbaresi -. Quali sono le ricette che chi si candida a governare il Paese mette sul piatto?».

La ripresa
C’è stata una ripresa in Italia, anche se la nostra regione è ancora in affanno, indietro rispetto ad altre che hanno agganciato il treno della crescita. Con la ripresa sono aumentati però gli infortuni. «Il lavoro deve essere di qualità e non purché sia», il monito della Cgil. Infine sviscerando il problema, come non parlare del caso retribuzioni che nelle Marche sono più basse che nel resto d’Italia? «C’è la necessità di porre al centro le competenze e le potenzialità», conclude Barbaresi. Guardando al terzo trimestre 2017 diminuiscono le persone in cerca di occupazione mentre aumentano disoccupati che hanno perso il lavoro che avevano. Certo che il tema è in cima ai pensieri della maggioranza degli intervistati...

La disoccupazione
Il tasso di disoccupazione rimane altissimo, al 9,7%. Nel 2010 nelle Marche si attestava al 5,4%, cioè quasi la metà. Da una questione all’altra va segnalata anche la difficoltà delle imprese di cambiare pelle alimentando il cosiddetto passaggio generazionale. Poco passaggio, pochi giovani alla guida delle imprese. «Nelle Marche il problema è forte - conferma Alessandro Migliore, direttore provinciale della Cna di Fermo - È chiaro che se si vuol fare qualcosa bisogna partire da innovazione, ricerca e formazione».  Le Marche erano un’oasi felice, ora non lo sono più per diversi motivi.

Giovani e sisma
Si diceva del passaggio generazionale ma c’è pure il tema della disoccupazione giovanile, che preoccupa molte famiglie, amplificato dal fatto che non c’è coordinamento tra imprese e le loro esigenze e mondo della scuola. Nelle Marche si avverte lo stesso scollamento segnalato dagli imprenditori di Cuneo nella lettera del loro presidente Mauro Gola: «I nostri giovani - segnala infatti Claudio Schiavoni, presidente di Confindustria Marche Nord - escono da scuola e non riescono a trovare lavoro. Riteniamo che la cosa più giusta da fare sia capire quali sono le figure che le nostre aziende hanno intenzione di assumere nei prossimi anni e intraprendere un percorso di studi che sbocchi in quel tipo di professionalità».
Lavoro, ripresa, occupazione. temi che nelle Marche si intrecciano inevitabilmente anche con la questione del terremoto e la difficile fase della ricostruzione. «Ovviamente noi crediamo che l’equazione più sviluppo più lavoro passi attraverso le imprese», dice Simone Mariani, presidente di Confindustria Centro Adriatico che riunisce gli imprenditori di Fermo e Ascoli. Quindi meno tasse, semplificazione, sviluppo infrastrutturale. E post sisma. La ricostruzione potrà essere un’opportunità ma bisogna dare risposte ai tanti problemi emersi, non ultimo quello della burocrazia lumaca, del fisco, delle procedure complesse, dei ritardi eccessivi. «Il tema del lavoro può essere affrontato solo passando dalla rinascita diffusa della piccola e media impresa - conclude Mariani -. Davanti alle difficoltà quotidiane, se c’è lavoro, tutto si supera. Se non c’è, tutto si amplifica».
 
 


L’ESPERTO
 
Pietro Marcolini, ex assessore regionale al bilancio e alla cultura, oggi presidente dell’Istao, istituto Adriano Olivetti di Ancona, maneggia quotidianamente le questioni economiche, legate al mondo del lavoro e delle imprese.
Marcolini, perché secondo lei i marchigiani segnalano il problema del lavoro come prioritario rispetto a molti altri?
«Perché i marchigiani sono più sensibili alla realtà rispetto a tanti distratti osservatori. Ci sono comunque ricerche che giustificano queste preoccupazioni. La ripresa ciclica, rafforzatasi in Italia nei primi nove mesi del 2017, risulta nelle Marche ancora debole e incerta. Inoltre prima la nostra economia convergeva, per molti aspetti, con quella delle Regioni del Nord, il tasso di disoccupazione era frizionale, la mancanza di lavoro temporanea, generata dalle imperfezioni del mercato. A distanza di undici anni la nostra regione si avvicina a processi di meridionalizzazione e il termine non è mio ma usato per la prima volta da Banca d’Italia».

Un quadro a tinte fosche.
Perché siamo arrivati a questo punto?

«Per tante ragioni. In primis perché quella che viene chiamata la rivoluzione industriale 4.0, il cambio di paradigma verso l’economia digitale, in una regione come la nostra, la più artigiana e manifatturiera d’Italia, con un’industria di piccole e medie dimensioni, fatica ad affermarsi».

La situazione è irreversibile?
«No, tutt’altro. Le Marche stanno mostrando segni di reazione, c’è un nucleo di imprese che si è impadronito delle nuove tecnologie, riorientando la propria produzione, approfittando della nuova formula. Le tecnologie della digitalizzazione consentono d’altronde di fornire risposte “sartoriali” a un mercato sofisticato, che chiede prodotti personalizzati. Questa dunque la scommessa: nuove tecnologie per ampliare i prodotti, personalizzarli, customerizzarli. La Regione Marche, con gli investimenti sulla banda larga, sta supportando questo processo. Questa è la strada giusta».
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