Le Marche, il Benevento
e la legge di Murphy

Le Marche, il Benevento e la legge di Murphy
di Giancarlo Laurenzi
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Martedì 30 Gennaio 2018, 10:27 - Ultimo aggiornamento: 12:16
Quanto hanno pesato le Marche nel parlamento sciolto da Mattarella il 28 dicembre dopo 5 anni di ondivaga carriera, lo dicono i traguardi raggiunti dai 24 rappresentanti della nostra regione seduti tra Camera e Senato e i punti in classifica: zero. Al confronto il Benevento sembra il Real Madrid. Dai treni agli aeroporti, dalla ricostruzione post terremoto alle casette promesse, dalle futuribili strade e autostrade che (non) vedranno i nostri nipoti, alle entrate (magre) delle imprese che cadono come pere, sbriciolate dall’assenza di un progetto comune. Scorrendo le liste dei candidati per le elezioni del 4 marzo è probabile che il progetto comune invece ci sia, ispirato a una delle più convincenti leggi di Murphy: toccato il fondo, comincia a scavare. Non è tanto il clima da saloon che ha animato le riunioni e le scelte - è sempre stato così, ai tempi delle correnti Dc dovevi girare con l’armatura - quanto i nomi (marchigiani) proposti. Un’indistinta sequenza di signori nessuno senza guizzi che la presenza degli accademici Corradini e Coltorti non riesce a rendere meno grigia. Più eccitante una serata di fado portoghese. Eppure da Pesaro ad Ascoli passando per Fano, Senigallia, Ancona, Fermo e San Benedetto, il territorio esprime amministratori locali capaci e preparati, stimati dai propri cittadini e virtuosi nella loro protezione. Ricci, Seri, Mangialardi, Mancinelli, Calcinaro, Piunti, Castelli: sinistra, destra e civici, non è questione di colori, valgono il prezzo del biglietto. Per legge non potevano candidarsi, ma senza pretendere liste dadaiste possibile non si potesse esportare a Roma una classe dirigente più robusta? Possibile che nella decantata società civile non esistesse un medico, un manager, un imprenditore con le ali? L’economia? Scomparsa dai radar. A un celebre poeta di Dublino piaceva ripetere: quel tipo sa proprio tutto, peccato sia tutto quello che sa. Era Oscar Wilde. Lo potevamo candidare.
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