Non c'è traccia del commando che avrebbe assaltato il furgone su cui viaggiava Olindo Pinciaroli Nessuno ha sentito gridare

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Martedì 23 Maggio 2017, 05:00
IL DELITTO DI OSIMO
OSIMO Il bluff ha retto solo mezza giornata. Non ha confessato, Valerio Andreucci, ma va in carcere. Troppe contraddizioni, troppe giravolte nel suo racconto. «Ci hanno assalito quattro zingari», ha fatto mettere a verbale il giovane cavaliere ascolano che sognava di correre la Quintana, per poi cambiare versione parlando di «due banditi». Racconta in modo diverso anche le telefonate fatte alla mamma e a un amico, mentre si nascondeva tra la vegetazione. Racconta di essersi ferito cercando di proteggere con il suo corpo l'amico veterinario, ma poi i referti medici lo smentiscono.
E quando da un campo a 100 metri dal luogo dell'omicidio è spuntato un coltello sporco di sangue, trovato dai carabinieri che battevano la zona, s'è capito che il suo gioco era ormai scoperto. Anche se avrebbe tentato di pararsi dalle conseguenze dell'esame sulle impronte digitali raccontando una storia stramba. «L'ho impugnato anch'io, ho tirato dei colpi, ma Olindo era già morto». Prima che facesse giorno, s'era già consumata la repentina metamorfosi di Valerio, da testimone di un agguato mortale a indiziato di omicidio volontario, spedito in una cella di Montacuto con l'accusa di aver ucciso a coltellate il suo datore di lavoro, il veterinario Olindo Pinciaroli, 54 anni.
In caserma per 12 ore
L'assalto della banda di rom raccontato con la voce tutta tremante agli investigatori da Andreucci, secondo il pm Marco Pucilli era solo un maldestro tentativo di sviare i sospetti verso fantomatici banditi che nessun altro testimone aveva visto né sentito. Così quando appena albeggiava, alle cinque del mattino di ieri, il 24enne ascolano ha lasciato la caserma dei carabinieri di Osimo in stato di fermo, dopo un interrogatorio lungo quasi 12 ore in cui il suo ruolo ha virato al peggio: da persona informata dei fatti, testimone unico del delitto, a indagato per omicidio, sentito in presenza di un difensore, l'avvocato Alessandro Rocco, chiamato in caserma per assisterlo quando ormai era passata la mezzanotte di domenica.
Non poteva reggere a lungo la sua versione su quanto accaduto domenica mattina intorno alle 9 e 30 in via Chiaravallese, la strada provinciale 5 che da San Paterniano di Osimo conduce verso Polverigi. Lo scenario che aveva tratteggiato, raccontando dell'assalto di una banda che aveva costretto il loro furgone ambulanza ad accostare, è svaporato domanda dopo domanda, con le sue risposte piene di particolari che non reggevano al confronto con i rilievi dei carabinieri della Scientifica e spesso contrastavano con altre sue risposte. «L'ambulanza è stata affiancata da un'auto, sono scese quattro persone e ci hanno aggredito, io sono riuscito a scappare» aveva detto il ragazzo al pm Pucilli e ai carabinieri della Compagnia di Osimo e del Reparto operativo, che due ore dopo il ritrovamento del cadavere in località Villa lo avevano rintracciato a 200 metri di distanza, ancora nascosto ventre a terra tra i rovi di un fossato, per non farsi vedere.
La piazzola isolata
È bastato dare un'occhiata, agli investigatori più scafati, per capire che la sua versione balbettava, anzi, non si reggeva proprio. Il luogo e l'ora - una strada provinciale a metà mattinata di una domenica - non erano certo i più indicati per un assalto armato. E poi il furgone attrezzato come ambulanza, su cui viaggiavano Andreucci e Pinciaroli, s'era fermato nell'unica piazzola di sosta che si trova in un lungo tratto di strada. E se il superstite racconta che il commando li ha costretti a fermarsi - diamine - ci sarà pure una qualche traccia di questa manovra d'emergenza. Invece il furgone è integro, non ci sono ammaccature da far pensare a uno speronamento e sulla strada niente segni di pneumatici. Solo nella piazzola di sosta, ricoperta di fango e terriccio, ci sono segni di ruote, ma sono quelle del furgone, affondate nella malta come se l'ambulanza veterinaria si fosse fermato di colpo, svoltando all'improvviso.
L'automobilista di passaggio
Non c'è un solo testimone che abbia sentito o visto il commando in azione. «Noi stavamo dormendo - hanno raccontato due ragazzi di un casolare vicino - ci ha svegliato il rumore dell'eliambulanza». Anzi, se proprio qualcuno ha notato qualcosa, è un automobilista di passaggio che ha visto un giovane tirare calci a qualcosa accanto al furgone fermo, anche se lì per lì non aveva compreso la situazione. E la descrizione degli abiti corrisponde a quelli di Andreucci. Insomma, un commando di fantasmi. E se davvero quattro killer si sono mossi per ammazzare il povero veterinario, non si capisce come facessero a conoscere l'orario e il tragitto.