Sarà un tour-de-force senza precedenti. Kiev, Washington, Toronto. Giorgia Meloni si gioca tutto in una settimana. C’è in ballo il sostegno dell’Italia all’Ucraina aggredita a due anni dall’invasione di Vladimir Putin. C’è la presidenza italiana del G7 che a questo deve servire: serrare i ranghi di un Occidente stanco e disilluso di fronte all’interminabile conflitto in Est-Europa. Si parte oggi, nella capitale ucraina. Dove la premier italiana è pronta a riabbracciare Volodymyr Zelensky nel secondo anniversario della guerra. Con una photo-opportunity d’eccezione. Sarà al suo fianco, ancora una volta, la presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen. Poi la settimana prossima la tappa lampo di Meloni a Washington Dc. L’incontro nello Studio Ovale con Joe Biden per riallineare le agende transatlantiche sulla crisi ucraina come sulla guerra in Medio Oriente che sembra senza via di uscita.
LA VISITA IN UCRAINA
Intanto la missione a Kiev, con i galloni della leadership G7. Partita ieri, al riparo dai riflettori per ragioni di sicurezza. A metà pomeriggio l’aereo presidenziale atterra sulla pista dell’aeroporto di Rzeszów, in Polonia. L’ultimo scalo dell’Europa libera prima di varcare la frontiera ed entrare nello spazio ucraino. Un lungo viaggio, in treno, ha portato nella notte a destinazione la premier e la delegazione italiana al seguito. Ha voluto lei a tutti i costi essere qui, nel giorno in cui il presidente in mimetica, a Kiev, commemora due anni di resistenza. Da celebrare c’è ben poco. Il fronte ad Est scricchiola e cede terreno alle truppe russe, che hanno riconquistato Avdiivka, snodo centrale del Donbass. Armi e munizioni scarseggiano, appese agli aiuti americani che restano nel limbo della politica a Washington Dc, fra veti e controveti. Ecco allora il segnale. Intanto, la riunione in videoconferenza dei leader G7, la prima a guida italiana. Meloni al timone. Con lei, a distanza, Biden, Macron, Scholz, Sunak, Kishida, Trudeau. Al fianco della timoniera di Palazzo Chigi, Zelensky e von der Leyen. Un segnale di unità. E un messaggio a Vladimir Putin, nei giorni in cui lo zar russo celebra i «successi» sul campo delle truppe, passa in rassegna jet e missili ipersonici. Si fa beffe della morte nel gulag di Alexei Navalny, il suo ultimo vero oppositore politico. La risposta passa da Kiev. E si tradurrà anzitutto «nel più severo pacchetto di sanzioni contro la Russia» da quando è iniziata la guerra, fanno sapere dalla Casa Bianca. Un salto in avanti, rispetto a quanto fatto finora. L’obiettivo è stringere le maglie del sistema sanzionatorio occidentale che non ha colpito come sperato l’economia di guerra russa, garantita dall’asse commerciale con Cina e India.
LA TAPPA NEGLI USA
Incontro lampo, incastrato all’ultimo dagli staff prima della visita ufficiale in Canada. Sul tavolo «l’impegno a continuare il sostegno all’Ucraina mentre fa i conti con l’aggressione russa», ha fatto sapere ieri il governo Usa. E certo sarà anche l’occasione per discutere della guerra israelo-palestinese, di come «prevenire un’escalation in Medio Oriente» e «consegnare aiuti umanitari alla gente di Gaza». Chissà se riecheggeranno nello Studio Ovale quelle tre parole su cui tutta la politica italiana si è compattata in Parlamento: “cessate il fuoco”.
Il veto americano al Consiglio di Sicurezza dell’Onu per uno stop unilaterale dei bombardamenti israeliani a Gaza ha suscitato stupore e sdegno, anche in Occidente. Ma fa il pari con la crescente irritazione di Biden per la guerra a oltranza di Bibi Netanyahu, mentre a Rafah si consuma una nuova strage. Per la premier la tappa americana, cercata con insistenza, è l’investitura definitiva per il G7 pugliese al centro della Meloni-diplomacy. La conferma dell’asse atlantico tra Roma e Washington mentre l’ombra di Donald Trump si staglia sulle presidenziali di novembre che tengono anche qui il fiato sospeso.