Mamma sputò sui sicari del figlio
e fu uccisa: ergastolo al killer

Mamma sputò sui sicari del figlio e fu uccisa: ergastolo al killer
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Giovedì 19 Ottobre 2017, 10:47 - Ultimo aggiornamento: 11:21
TORRE ANNUNZIATA - Il clan Gionta le aveva ucciso il figlio, la mamma coraggio affrontò con disprezzo quegli assassini, ma poco tempo dopo fu ammazzata lei stessa da altri sicari dei «valentini». Ieri, per il killer 45enne Umberto Onda è arrivato l'ergastolo perché ritenuto l'esecutore materiale dell'efferato omicidio di Anna Barbera, 63 anni, punita per l'affronto al clan. Stessa condanna anche per Alfonso Agnello, il 52enne soprannominato «chiò chiò», il primo accusato (poi subito scagionato) dell'omicidio di Giancarlo Siani, il cronista del Mattino ucciso nel 1985: lui è stato condannato perché ritenuto tra i responsabili dell'omicidio di Vincenzo Amoretti, alias «banana», 25enne affiliato al clan Gallo-Cavalieri, ucciso nel sonno il 24 aprile 2007 dal commando di finti poliziotti. La sentenza di primo grado è stata emessa ieri dalla Corte d'Assise di Napoli presidente Alfonso Barbarano che ha accolto le richieste dell'Antimafia, condannando entrambi i killer del clan Gionta al «fine pena mai».

Per Onda, ex primula rossa dei valentini e a lungo reggente del clan, è l'ennesimo ergastolo. Sta già scontando il carcere a vita ad Opera (Milano) perché accusato di altri omicidi durante la lunga faida con i Gallo-Cavalieri, che tra il 2006 e il 2009 ha segnato una lunghissima scia di sangue a Torre Annunziata. Già accusato di essere l'esecutore materiale di diversi agguati di camorra, stavolta Onda è stato incastrato dai racconti di alcuni collaboratori di giustizia, tra cui Michele Palumbo «munnezza», il suo ex braccio destro, che lo ha accusato di essere l'autore materiale dell'omicidio di Anna Barbera. La donna, con piccoli precedenti, era la madre di Umberto Ippolito, ammazzato il 22 febbraio 1994 proprio sotto casa della madre: pochi giorni dopo, avrebbe dovuto testimoniare in un processo a carico di Luigi Limelli, boss del clan di Boscotrecase. Ad autoaccusarsi di questo delitto fu Salvatore Barbuto, altro pentito del clan Gionta. Lei, una volta conosciuti gli assassini di suo figlio, li affrontò in aula, sputando verso di loro ed insultandoli. Un disprezzo pagato con la vita, qualche settimana dopo, il 12 marzo 2004. Aniello Nasto, alias «quarto piano», anche lui pentito e già condannato in abbreviato a 10 anni di reclusione per lo stesso omicidio, guidava lo scooter Honda SH 150 blu che affiancò la Fiat Cinquecento rossa della donna in via Vesuvio, tra Torre Annunziata a Trecase. A sparare, questa è la tesi, fu proprio «Umbertino» Onda che esplose gli ultimi due colpi alla tempia con una pistola calibro 9 luger.

Tredici anni dopo l'omicidio della donna che si era ribellata al clan Gionta, arriva la condanna di primo grado per chi avrebbe premuto il grilletto senza pietà, ammazzandola solo perché aveva avuto il coraggio di rinfacciare agli ex «amici» del figlio (ritenuto proprio un uomo della droga dei valentini) quel tradimento. Nell'ambito dello stesso processo, è stato condannato all'ergastolo l'altro killer che si era finto poliziotto per ammazzare nel sonno il rivale dei Gallo-Cavalieri. Agnello, infatti, avrebbe preso parte a quella spedizione di morte: i killer svegliarono la moglie di Amoretti nel cuore della notte e si fecero portare in camera da letto, fingendosi poliziotti in un blitz. Poi lo ammazzarono in quella stanza. Anche in questo caso, preziosa è stata la collaborazione del pentito Palumbo.
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