Chloe, modella rapita a Milano:
spunta una nuova, clamorosa ipotesi

Chloe, modella rapita a Milano: spunta una nuova, clamorosa ipotesi
Chloe, modella rapita a Milano: spunta una nuova, clamorosa ipotesi
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Venerdì 18 Agosto 2017, 18:21 - Ultimo aggiornamento: 5 Marzo, 01:38
MILANO - Davvero Chloe Ayling, modella inglese ventenne, è stata rapita a Milano con lo scopo di essere venduta sul dark web a facoltosi clienti arabi? Questa sarebbe la versione della ragazza, ma la rivista Giallo ha rivelato in esclusiva che sia lei, sia Lukasz Herba, l'inglese di origine polacca che l'avrebbe rapita, si sono contraddetti durante i lunghi interrogatori in Questura.



Ci sono diverse cose che non tornano nelle testimonianze dei due. A questo punto spunta una clamorosa ipotesi: il rapimento e la messa in vendita all'asta potrebbero essere una colossale montatura, creata ad arte per ottenere maggiore visibilità. Un'ipotesi come le altre, suffragata però dall'ampia copertura mediatica avuta dalla ragazza che aveva raccontato di aver assistito all'attentato degli Champs-Elysées del 20 aprile scorso a diversi siti di quotidiani britannici. Forse un primo tentativo di diventare famosa.



La ragazza ha raccontato agli inquirenti: «Dovevo vedermi per la prima volta con Andre, il fotografo, per un servizio, ma gli fu rubata l'attrezzatura. Per recarmi in aeroporto, per un mio errore, non ho preso l’auto che mi era stata prenotata. Non avendo soldi, gli chiesi di raggiungermi per pagare la corsa. Concordammo allora di rivederci a Milano, città ritenuta più sicura, qualche tempo dopo. Il 10 luglio arrivai a Milano, la mattina seguente avevo un appuntamento con Andre alle 9».



A questo punto, una volta presentatasi allo studio, è scattato il rapimento. La ragazza ha raccontato di essere stata sorpresa da dietro e circondata da due uomini, a volto coperto, che l'avrebbero poi legata e narcotizzata con un'iniezione. «Al risveglio, capii di avere solo il body rosa e i calzini, mi resi conto di essere nel bagagliaio di un'auto. Il mio rapimento ha coinvolto cinque persone, ma ho visto il volto solo di due di loro» - ha spiegato Chloe - «Ho negato il coinvolgimento dell'uomo che mi ha accompagnato al Consolato britannico perché temevo ritorsioni nei miei confronti. Ho passato tutta la mia prigionia con l'uomo che si trovava con me al Consolato (Lucasz Herba, ndr)».



La ragazza si è contraddetta più volte: prima ha spiegato di essere stata tenuta prigioniera tutto il tempo («Mi teneva legata ad un mobile e mi costringeva a dormire a terra in un sacco a pelo, mi minacciava, diceva che se avessi tentato la fuga "loro" mi avrebbero ucciso»), poi ha sostenuto di essere rimasta spontaneamente insieme a lui nella baita di Borgial (Torino), condividendo anche il letto matrimoniale. La ragazza ha però negato di aver avuto rapporti sessuali con lui, anche se sulle lenzuola del letto ci sarebbero tracce di sperma: «Mi aveva fatto delle avances e io gli avevo detto che mi sarei concessa a lui una volta libera di andare via, lui una mattina si è masturbato a letto guardandomi nuda in doccia». Un'altra contraddizione, dal momento che in un primo tempo aveva detto: «Non mi aveva mai fatto richieste sessuali esplicite».



Anche la versione di Herba non sembra reggere. L'uomo ha inviato due foto scattate a Chloe ai giornali inglesi, sostenendo che fosse una ragazza rapita dalla mafia russa. L'inglese di origini polacche ha spiegato: «Soffro di leucemia, ho assoluto bisogno di soldi per le cure e tre romeni incontrati a Birmingham mi promisero 500mila sterline in cambio di un lavoro ben preciso: occuparmi dell'affitto di diversi stabili commerciali, non mi sono chiesto a cosa servissero, ero disperato. Sono stato io a chiamare Chloe spacciandomi per il fotografo. Poi i romeni mi dissero di cercare uno stabile a Milano che però garantisse la massima privacy: non si doveva vedere, dall'esterno, niente di ciò che accadeva dentro. Non avendolo trovato sono andato a Roma, ho viaggiato e dormito in auto e ho continuato a cercare nuovi posti in Italia».
Lukasz Herba ha anche spiegato di aver notato, quel giorno, l'annuncio di vendita di Chloe sul deep web: «Ho chiesto ai romeni dove si trovasse, me l'hanno detto e l'ho raggiunta. Sono stato con lei tutto il tempo, era libera di andare via ma ha scelto di rimanere. Non l'ho segregata e non l'ho maltrattata. Non sono andato a denunciare alla polizia perché temevo che questi romeni fossero molto pericolosi. La mafia russa? Non c'entra niente, è tutto inventato, volevo dare maggiore enfasi alla storia».



Gli inquirenti hanno chiesto a Herba perché avesse detto a Chloe di far parte di una loggia, la Morte Nera, che contava 10mila affiliati in tutta Europa e che si occupava di vendita di avvenenti donne a facoltosi clienti arabi che, una volta stanchi di loro, le avrebbero date in pasto alle tigri. L'uomo si è difeso sostenendo di aver semplicemente riportato quanto riferitogli dai romeni che aveva incontrato nel Regno Unito. Non solo: Herba non sarebbe in grado di certificare la sua effettiva malattia e per questo non convincerebbe gli inquirenti. Ancora più oscura sembra la decisione di liberare Chloe, anche mettendo a rischio la propria vita: «A quel punto decisi che avrei pagato il riscatto di 330mila euro, in parte coi proventi del lavoro per i romeni e in parte con prestiti di alcuni miei amici molto facoltosi». Eppure, ci sono delle e-mail che lo incastrerebbero: Lukasz avrebbe chiesto il pagamento del riscatto all'agente della modella. E alla ragazza aveva detto di essere il capo dell'organizzazione.



Una lunga serie di ombre e troppe poche luci. Tutto si fa più buio anche alla luce della testimonianza di alcuni dipendenti di un negozio di scarpe e di un bar a Milano, che sostengono di aver visto Chloe e Lukasz fare shopping e colazione insieme: «Sembravano una coppia di fidanzati». Un dettaglio ancora più strano: possibile che la ragazza si comportava come niente fosse in compagnia del suo aguzzino? Tante, troppe cose non tornano.
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