Carolina Picchio, il padre a 5 anni dalla morte:
«Mia figlia uccisa dal social-bullismo, non accada più»

Carolina Picchio, il padre a 5 anni dalla morte: «Mia figlia uccisa dal social-bullismo, non accada più»
di Angela Calzoni
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Martedì 18 Dicembre 2018, 05:01 - Ultimo aggiornamento: 11:07

«Sono stati i carabinieri ad avvisarmi di quello che era successo a Carolina. Pensavo stesse dormendo ma quando sono entrato nella sua camera lei non c'era e ho visto la finestra aperta». Paolo Picchio è il papà di Carolina, una ragazzina di 14 anni che nel gennaio del 2013 a Novara si è suicidata dopo essere stata messa alla gogna sui social: uno dei primi casi italiani.
 

 


Com'era sua figlia?
«Carolina era una bella ragazza, sportiva, intelligente, dinamica. Frequentava il primo anno del liceo scientifico e aveva molti amici. Durante una festa dei ragazzi l'hanno fatta bere troppo e quando ha perso conoscenza le hanno fatto un video mimando atti sessuali. Immagini che una volta in rete sono subito diventate virali».
Perché è stato girato quel video?
«È stato fatto per metterla alla berlina. Mia figlia ha ricevuto migliaia di insulti, anche da persone che non conosceva. Da questa vicenda è stata perforata».
Perché secondo lei ha reagito in maniera così estrema?
«Ha voluto dire basta e far vedere con un gesto che era il momento di smetterla con questi comportamenti. Prima di morire ha lasciato un messaggio a chi la tormentava. Diceva: Le parole fanno più male delle botte, cavolo se fanno male. Ma io mi chiedo, a voi non fanno male? Siete così insensibili? Ha concluso dicendo: grazie per il vostro bullismo, ottimo lavoro».
I bulli sono stati individuati?
«Per la sua morte sono finiti a processo sei minori, tra cui il suo ex ragazzo. Sono stati accusati di reati gravi, come violenza sessuale di gruppo e diffusione di materiale pedopornografico. Il Tribunale dei minori di Torino ha disposto per tutti la messa alla prova, che si concluderà nei prossimi giorni. Sono stati 5 anni d'inferno sia per i ragazzi che per le loro famiglie».
Dopo la morte di sua figlia lei ha dato vita a una fondazione che porta il suo nome, che ha ricevuto anche la benedizione di Papa Francesco e che ha ispirato l'Osservatorio internazionale sul cyberbullimo.
«Il mio obiettivo è che non ci siano altre Caroline e che il dolore che ho vissuto io non la debba affrontare nessun altro. Nel 2013 non si parlava ancora di questo fenomeno e Carolina lo ha scoperchiato. Grazie al nostro lavoro nel maggio 2017 è stata anche varata una legge sul cyberbullismo, prima in Europa su questo tema e mette la scuola al centro».
Qual è il messaggio che lei e la Fondazione Carolina volete dare ai giovani?
«Dobbiamo convincere i ragazzi a riprendere il dialogo, a parlare tra loro. I bulli devono stare attenti a quello che postano sui social, sapendo che anche se non vedono la persona dall'altra parte, possono perforarla. Le vittime devono sapere che non sono loro a essere sbagliate».

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