San Benedetto, il racconto di Luca
«Ricordo solo il buio ma tornerò»

A destra Luca Fanesi
A destra Luca Fanesi
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Martedì 13 Marzo 2018, 07:05
SAN BENEDETTO - Tornare quello di prima. È il desiderio di Luca Fanesi che per la prima volta parla del suo calvario. Il 44enne, tifoso della Samb, ringrazia quanti lo hanno sostenuto e chiede che su quanto accaduto a Vicenza venga fatta luce. Nei prossimi giorni potrebbero esserci importanti novità nell’inchiesta dei due pm De Munari e Parolin. La scorsa settimana i 5 tifosi rossoblù chiamati a testimoniare sono stati condotti in viale Trissino, dove scoppiarono i disordini il 5 novembre scorso. Per ricostruire i fatti gli inquirenti hanno utilizzato anche filmati della polizia scientifica che mostrano però solo parte di quanto accaduto. Purtroppo Luca non ricorda nulla di quei momenti. Bentornato Luca, finalmente è a casa? «Sì, non vedevo l’ora per stare con tutti miei cari. Sono stati 4 mesi lunghissimi. Fortunatamente quel periodo è passato e posso tornare alla normalità».
Qual è stata la prima cosa che ha fatto appena rientrato? «Sono andato a trovare i colleghi di lavoro che mi hanno espresso la loro vicinanza, poi ho fatto visita ad altri amici più stretti». Teresa, sua moglie non ha mai mollato. « È vero, è stata sempre con me e continuiamo ad essere uniti. Mia moglie mi è stata sempre vicina a Vicenza e adesso che siamo tornati a casa possiamo riprenderci la nostra vita». I suoi amici tifosi l’hanno sempre sostenuto. Cosa dice loro? «La mia famiglia mi ha raccontato tutto quello che hanno fatto per me e li ringrazio per come mi sono stati vicini attraverso le tante iniziative promosse. Anche i tifosi del Vicenza sono stati molto generosi. Sono grato a loro per il supporto che hanno dato alla mia famiglia». Qual è stato il momento più difficile? «Sicuramente ciò che non posso ricordare. Le fasi più critiche che i miei familiari mi hanno raccontato. Mi riferisco a quando sono stato sedato per 40 giorni e sono entrato in coma. Tornare a casa dunque è stato stupendo. Sono rinato». Chi vuole ringraziare? «La mia famiglia ma anche i medici che mi hanno seguito. E poi i miei amici più cari, i colleghi, e ancora i tifosi, in particolare Giorgio e tutto il nostro gruppo». Il 2 marzo ha parlato con gli agenti della Digos all’ospedale: cosa le hanno chiesto?
«Mi hanno posto alcune domande. Hanno voluto sapere che cosa è successo fuori dallo stadio quel 5 novembre ma io non ricordo nulla» Cosa ricorda di quella maledetta trasferta? «Solo la sosta all’autogrill, di aver preso un panino e poi di essere salito sul pullman. Di tutto il resto non ho memoria ancora». Cosa si aspetta dalle indagini? «Che venga fatta piena luce e che possiamo avere la verità. Che la procura faccia tutto ciò che è in suo potere per darci delle risposte». «Tornare ad essere quello di prima. Ce la sto mettendo tutta grazie al sostegno della mia famiglia. Vorrei solo ricambiarli di tutto quello che hanno fatto per me. E intendo farlo impegnandomi al massimo nella riabilitazione che inizierò a breve».
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