Prima l'ergastolo, poi l'assoluzione: Wick esce dal carcere di Ascoli e riabbraccia i familiari. Ipotesi maxi-risarcimento

Leopoldo Wick
Leopoldo Wick
di Luigi Miozzi
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Venerdì 8 Dicembre 2023, 01:25 - Ultimo aggiornamento: 9 Dicembre, 07:24

ASCOLI - Ha trovato la moglie ad attenderlo davanti ai cancelli del carcere di Marino del Tronto. Erano circa le 20,30 di mercoledì quando Leopoldo Wick ha lasciato la casa circondariale di Ascoli dove è stato rinchiuso per circa due anni a seguito della misura cautelare emessa nei suoi confronti perché ritenuto il presunto responsabile delle morti sospette all’interno della Rsa di Offida. Dopo la sentenza di assoluzione pronunciata dalla Corte d’Assise di Appello di Ancona che ha ribaltato il pronunciamento di primo grado e cancellato la condanna all’ergastolo disponendo l’immediata scarcerazione, Wick ha potuto far ritorno a casa e riabbracciare il figlio adoloscente e l’anziana madre. 
  

Di certo, per lui si aprirà un nuovo capitolo della sua vita ma come hanno sostenuto i suoi difensori all’uscita dal tribunale di Ancona, gli avvocati Tommaso Pietropaolo e Francesco Voltattorni, non sarà facile ricominciare una nuova vita dopo tutto quello che ha passato. Almeno per il momento, non intende parlare con nessuno; vuole solo godersi questo momento con i suoi cari. Bisognerà ora attendere le motivazioni della sentenza: i giudici si sono riservati 90 giorni di tempo per depositarla ma il fatto che ci sia stata l’assoluzione con formula piena, perché il fatto non sussiste ha fatto affermare ai difensori che «non ci sono prove» che confermino le accuse mosse nei confronti dell’infermiere. Pertanto, rimanendo nel campo delle ipotesi, quella più accreditata è che i giudici della Corte d’Assise d’Appello potrebbero aver ritenuto non valide alcuni degli elementi raccolti in fase di indagine per quanto riguarda il nesso di causalità tra la presenza nel sangue di dosi massicce di medicinali e l’avvenuto decesso degli anziani ospiti della struttura sanitaria di Offida. 
 
Aspetto, questo, che era già stato contestato in fase dibattimentale nel corso del processo davanti ai giudici della Corte d’Assise di Macerata dai difensori di Wick e, soprattutto, dall’avvocato Gianfranco Iadecola - difensore dell’Asur chiamata in giudizio come responsabile civile - che aveva espresso dubbi sull’acquisizione dei reperti e contestato la catena di conservazione degli stessi. Qualora questa tesi, ribadita anche in Appello, fosse stata accolta dalla corte, verrebbe a mancare una parte importante dell’accusa. Ma, per conoscere con certezza le motivazioni bisognerà attendere la pubblicazione delle stesse. 
 
In attesa anche la Procura generale per valutare se sussistono le condizioni per poter impugnare il pronunciamento dei giudici di secondo grado. L’intenzione della pubblica accusa sarebbe quella di presentare ricorso in Cassazione. 
 
I difensori di Wick, invece, attendono che la sentenza di assoluzione diventi definitiva per poter presentare la richiesta di risarcimento per il proprio assistito per ingiusta detenzione.

Un risarcimento che potrebbe ammontare a circa 180mila euro se si tiene conto che vengono riconosciuti circa 250 euro per ciascun giorno trascorso dietro le sbarre ingiustamente. Ma prima di qualunque calcolo, bisognerà attendere l’eventuale pronunciamento dei giudici della Suprema Corte. E Wick lo farà da uomo libero.  

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