Due professoresse aggredite e picchiate sul treno Jesi-Fabriano: «Prese a pugni, nessuno ci ha difeso»

Due professoresse aggredite e picchiate sul treno Jesi-Fabriano: «Prese a pugni, nessuno ci ha difeso»
di Federica Serfilippi
3 Minuti di Lettura
Sabato 2 Marzo 2024, 03:00 - Ultimo aggiornamento: 15:08

FABRIANO - «Stavo parlando rivolta verso la mia collega, quando all’improvviso mi sono sentita colpire con un pugno alla testa, all’altezza dell’orecchio. Poi è toccato a chi mi stava accanto ad essere aggredita: per fortuna lei si è difesa e lo ha spintonato via». Sono gli stralci della testimonianza resa ieri in aula da una insegnante jesina di 35 anni, aggredita senza motivo da uno sconosciuto mentre si trovava sul treno che l’avrebbe portata al lavoro, in una scuola di Fabriano. Era il 15 marzo del 2019 e con lei c’era una sua collega.

La ricostruzione

Per le lesioni (tutte e due erano finite al pronto soccorso) alla sbarra c’è un 28enne originario del Mali, all’epoca senza fissa dimora e con un permesso di soggiorno rilasciato dalla questura di Taranto.

Ieri, è toccato proprio alle due insegnanti ripercorrere davanti al giudice Martina Marinangeli i momenti traumatici di quella mattina. Le due donne, che non si sono costituite parte civile, avevano preso il regionale alla stazione di Jesi per arrivare a Fabriano. In quel tratto, il faccia a faccia con il maliano. «Noi eravamo sedute - ha ricordato la 35enne - e ho visto che quel ragazzo faceva avanti e indietro lungo il corridoio. Mi sono un po’ insospettita, tanto che ho tirato a me la borsa». Pochi attimi dopo, l’aggressione improvvisa. «Stavo parlando con la mia collega quando ho ricevuto un colpo alla testa. Mi ha preso all’orecchio, ho sentito un sibilo».

Le urla, le choc e la seconda parte dell’aggressione. «Ho visto che quell’uomo si è accanito sulla mia collega». Ci sarebbero stati schiaffi e spintoni. «Lei per fortuna è riuscita a difenderli e a mandarlo via. L’aggressore è sceso alla stazione di Albacina». È stato subito lanciato l’allarme al capotreno e alla Polfer. «Ma per noi - ancora la 35enne - è stato un evento traumatico, perché nessuno è intervenuto per difenderci». Entrambe erano finite al pronto soccorso con lesioni da prognosi inferiori ai 15 giorni. La 35enne jesina: «Ancora oggi porto le conseguenza di quella lesione, mi fu diagnosticata una distorsione mandibolare. Ho portato il bite, poi il distrattore».

Le indagini

Le due donne avevano facilitato il lavoro agli agenti della Polfer, dando loro una descrizione completa dello sconosciuto: alto, magro, dalla pelle scura e con il cappellino fucsia. Era stato ritrovato alla stazione di Albacina e denunciato a piede libero. Al momento del controllo, non aveva opposto resistenza. La sentenza è attesa per il 28 giugno. L’imputato è difeso dall’avvocato Rossana Ippoliti.

© RIPRODUZIONE RISERVATA