Il racconto in aula di un'afgana: «Picchiata e minacciata da mio marito. Solo in Italia l’ho potuto denunciare»

Il racconto in un'aula di un'afgana: «Picchiata e minacciata da mio marito. Solo in Italia l’ho potuto denunciare»
Il racconto in un'aula di un'afgana: «Picchiata e minacciata da mio marito. Solo in Italia l’ho potuto denunciare»
di Federica Serfilippi
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Giovedì 15 Giugno 2023, 03:20 - Ultimo aggiornamento: 13:05

ANCONA «Già quando stavamo in Afghanistan mi picchiava, ma lì non avevo il diritto di denunciarlo. Solo in Italia ho capito il peso del rispetto verso le donne». Così ieri in aula una 29enne afgana, che ha portato il marito a processo con un poker di accuse: maltrattamenti in famiglia, lesioni personali, rapina (del cellulare) e sottrazione di minore. I soprusi sarebbero iniziati nel 2018 per terminare lo scorso novembre, quando l’uomo - un operaio afgano di 43 anni - è stato arrestato dai carabinieri. 


La testimonianza


Arrivata in Italia nel 2018, la coppia aveva trovato un appoggio ad Ancona, per poi trasferirsi a Roma e infine tornare in una città limitrofa al capoluogo marchigiano. «Lui mi metteva le mani addosso - ha raccontato ai giudici la vittima - e mi puntava il coltello contro.

Mi diceva: “se chiami la polizia, io ti uccido”». Spesso i litigi avvenivano «perché mio marito faceva le scommesse. Una sera è tornato a casa dopo aver perso 2-3 mila euro. Mi ha picchiato e buttato fuori di casa, nel corridoio. Mi hanno salvato i vicini». E ancora, al loro rientro nelle Marche: «Mi ha fatto vedere un filo elettrico, sono scappata prima che potesse succedere qualcosa di brutto». Per la procura, sarebbe stata una minaccia di strangolamento. A tal proposito: «Più volte mi ha stretto le mani attorno al collo». 


L’arresto


Il 27 novembre 2022 le violenze sarebbero degenerate. Stando a quanto ricostruito, il 43enne aveva afferrato con forza i polsi della moglie per poi sbatterla contro il muro. Anche in questa occasione l’avrebbe afferrata per il collo, dicendole: «Io ti ammazzo». La poveretta aveva preso il telefono per chiedere aiuto. «Se chiami i carabinieri ti uccido!», avrebbe gridato lui, strappandole dalle mani il cellulare per scaraventarlo a terra. La donna, che non si è costituita parte civile, avrebbe subito anche schiaffi al collo e un pugno alla nuca. Sempre quella sera, di qui l’accusa di sottrazione di minore, lui è accusato di aver preso la figlia di tre anni e di essere uscito di casa, senza dire dove l’avrebbe portata. Per le botte subite, la 29enne era ricorsa alle cure del pronto soccorso di Torrette, da cui era stata dimessa con una prognosi di sette giorni. Sempre in riferimento alle minacce, nel giugno 2021, l’operaio si sarebbe rivolto alla moglie con queste parole: «Butto nostra figlia dal terrazzo». 


La difesa


Ieri l’imputato, assistito dall’avvocato Filippo Paladini, si è difeso: litigi sì, e anche tanti, ma non avrebbe mai picchiato la moglie, né tanto meno cercato di rapire la piccola, che ora vive solo con la mamma. Sentenza il 20 settembre. 

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