Ancona, resta dentro l’untore dell’Hiv
Aumentano i casi di possibile contagio

Ancona, resta dentro l’untore dell’Hiv Aumentano i casi di possibile contagio
di Lorenzo Sconocchini
3 Minuti di Lettura
Martedì 19 Giugno 2018, 04:25
L’INCHIESTA CHOC

ANCONA - Niente scarcerazione, almeno finché i risultati delle analisi del sangue non accerteranno una incompatibilità tra la sua condizione di sieropositivo e la detenzione in cella. Ieri il gip Carlo Cimini ha respinto l’istanza con cui la difesa di Claudio Pinti aveva chiesto i domiciliari per il 36enne di Agugliano arrestato una settimana fa con l’accusa di aver infettato dolosamente con l’Hiv la sua ultima fidanzata, nascondendole la malattia e inducendola ad avere rapporti non protetti. 

Ma in assenza di un dato clinico sul livello di deficit immunitario del detenuto (la legge stabilisce una soglia di linfociti come dirimente tra carcere e no) per il gip non c’erano motivi per rivedere la decisione di accogliere la richiesta del pm Marco Pucilli e di escludere misure alternative come i domiciliari. Nelle 11 pagine dell’ordinanza - che dispone l’arresto per il reato di lesioni dolose gravissime nei confronti dell’ultima fidanzata - si spiega infatti che il rischio che Pinti possa commettere altri reati della stessa natura è elevatissimo. Sia per l’assenza di un minimo autocontrollo delle sue pulsioni sessuali, nonostante la consapevolezza della sieropositività, sia per il suo credo negazionista che lo portava a sostenere che l’Hiv fosse un’invenzione delle case farmaceutiche; sia infine per la scelta di cercare sesso senza precauzioni.

 

Recluso in isolamento
Insomma, se davvero è un untore, al momento la cella d’isolamento è il luogo più sicuro per scongiurare altri contagi, visto che con l’ultima fiamma Pinti si sarebbe vantato di aver avuto 227 relazioni prima di quella avviata con lei nel febbraio scorso. Per questo in assenza di fatti nuovi (l’indagato si è avvalso della facoltà di non rispondere) l’istanza di scarcerazione presentata dall’avvocato difensore Alessandra Tatò è stata respinta. Se ne riparlerà quando saranno noti i risultati delle analisi del sangue su Pinti. 
La cerchia a rischio
Intanto si amplia la cerchia dei partner che potrebbero essere stati contagiati da Claudio Pinti. Sarebbero cinque, tutti con donne, i rapporti a rischio ricostruiti dalla Squadra mobile di Ancona risalendo a ritroso nella sua rete di relazioni, che si sviluppavano soprattutto sui social network e nei siti online di incontri. Oltre all’ultima fidanzata, una donna di oltre 40 anni che abita in provincia di Ancona, si stanno facendo accertamenti sull’ex compagna Giovanna Gorini, morta nel giugno 2017 di Aids dopo aver dato una figlia a Pinti, che per fortuna è nata sana. Poi c’è una ragazza di Cupramontana, con cui Pinti ebbe una relazione una decina di anni fa e che il giovane ritiene responsabile di avergli trasmesso il virus, mentre dagli accertamenti investigativi potrebbe essere vero il contrario. Tra le new entry, due relazioni pericolose accertate dalla Mobile, c’è pure quella con una libero-professionista della Vallesina, anche lei affetta da Hiv. Ma in ognuna di queste liaison, oltre alla successione cronologica del contagio (per capire chi ha infettato chi) bisognerà trovare la prova della consapevolezza di Pinti di essere infetto. Per questo le sue partner accertate saranno sentite dagli investigatori. Il giovane di Agugliano, autotrasportatore prima di riciclarsi in trader finanziario, ha ammesso di aver scoperto la sua sieropositività solo nel gennaio 2009, dopo un test per motivi di lavoro. Gli investigatori però avrebbero trovato indizi (da confermare) di una sua consapevolezza retrodatata al settembre 2008. Del caso di parlerà domani, anche con un’intervista al capo della Squadra mobile dorica Carlo Pinto, durante la trasmissione “Chi l’ha visto?” in onda su Rai Tre dalle ore 21 e 10. 
© RIPRODUZIONE RISERVATA