Il piccolo profugo arrivato ad Ancona da solo dal Mali: ora sogna una scuola e una famiglia

Il piccolo profugo arrivato ad Ancona da solo dal Mali: ora sogna una scuola e una famiglia
Il piccolo profugo arrivato ad Ancona da solo dal Mali: ora sogna una scuola e una famiglia
di Federica Serfilippi
3 Minuti di Lettura
Giovedì 21 Marzo 2024, 04:45 - Ultimo aggiornamento: 12:29

ANCONA Maschera le ferite dell’anima con il sorriso il piccolo maliano sbarcato lunedì sera dalla Ocean Viking dopo un viaggio-odissea, tra deserto e mare, lungo più di 7mila chilometri. Al porto è arrivato solo, il papà è rimasto in Mali. Il bimbo, 9 anni, è ospite della onlus Ceis, storica associazione anconetana che si occupa della tutela dei minori. Per fargli capire bene il luogo che lo ha accolto, gli operatori gli hanno mostrato la cartina dell’Italia. «Sono di qua, sono di qua» aveva gridato al papà, raggiunto al telefono subito dopo lo sbarco.

I limiti

Ieri mattina, quando il bimbo ha visto gli ospiti della casa d’accoglienza prepararsi per andare a scuola, ha chiesto in lingua francese, che mastica in maniera elementare: «Je vais a l'école?».

Un piccolo sogno che potrebbe spezzarsi con la realtà. Due terzi dell’anno scolastico sono ormai andati. «E di dirigenti che hanno chiuso le porte ai ragazzi della nostra comunità ne abbiamo trovati, eccome» confida Alessandro Maria Fucili, direttore Ceis e affidatario pro tempore del piccolo maliano. Nei suoi confronti partirà la pratica per affidargli un tutore nominato dal tribunale dei minorenni e poi si potrebbe aprire la strada, mai facile, dell’affido, considerando che i genitori sono lontani.

Qualcuno deve occuparsi di lui. Dal papà si era diviso almeno quattro mesi fa, quando un gruppo di jihadisti aveva attaccato il loro villaggio, separando le loro vite. Di lì, il viaggio del piccolo Io Capitano fino alla Libia, da dove è partito su un gommone per arrivare in Italia. «Auspichiamo - dice Fucili - che ci possa essere un affido in tempi brevi». Ci tiene a sottolineare un aspetto: «Ma c’è anche chi non viene accolto. Di vivere una vita piena e serena lo merita lui, ma lo meritano tutti quei bambini e ragazzi - e non solo migranti - la cui vita è stata segnata dai traumi». Per la serie: l’accoglienza si deve fare con i fatti e per tutti quelli che hanno bisogno.

Il bimbo partito dall’Africa ha passato l’inferno. Momenti di terrore probabilmente non ancora metabolizzati. «Racconterà tutto quando andrà voglia» dice Fucili. Prima di imbarcarsi, sarebbe stato rinchiuso almeno due mesi in un centro di detenzione libico, dove sarebbe stato picchiato, come avviene per la quasi totalità dei reclusi. Il maliano, forse proprio per le botte, ha rimediato una frattura al piede. Il gesso gli è stato applicato martedì dagli operatori sanitari del Salesi.

La protezione

In prigione sarebbe stato protetto da un gruppo di altri migranti. E con loro ha affrontato il viaggio in mare: il gommone è stato recuperato quando stava per arrivare la Guardia costiera libica. Dalla nave Ong è sceso accanto a un ragazzo più grande: il fratello acquisito durante l’odissea. Appena arrivato al Ceis si è messo a disegnare, lo aveva fatto anche sulla nave Ong. Sono i colori della sua nuova vita.

© RIPRODUZIONE RISERVATA