Ancona, cocaina e ricatti: sgominata
la banda dei rom guidata dalle donne

Ancona, cocaina e ricatti: sgominata la banda dei rom guidata dalle donne
di Lorenzo Sconocchini
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Giovedì 20 Settembre 2018, 04:55

ANCONA «Quello mi sta appresso... Io adesso mi metto paura... vedi quello adesso se mi ha mandato un messaggio... mi metto anche paura di scriverlo... che gli scrivo, che gli dico?». È il pomeriggio dell’11 novembre 2017 e un ragazzo poco più che ventenne al telefono quasi balbetta, non sapendo di essere intercettato.
 



S’è indebitato con Giulia Spinelli, la “maghetta”, prendendo cocaina in conto vendita per circa 2.500 euro e ha lasciato in pegno la sua Alfa Mito fiammante di concessionaria. Per riaverla deve restituire 3.200 euro, ma nel colloquio con un intermediario si comprende quanto sia spaventato a negoziare con certi creditori, al punto che alla consegna dell’auto s’era fatto accompagnare dal padre.
  
Altri consumatori o piccoli spacciatori, nelle sue stesse condizioni, avrebbero saldato il conto consegnando orologi e monili in oro, i gioielli di famiglia, altri ancora pare abbiano chiesto soldi in prestito ai genitori. Tutti irretiti dal timore che suscita da queste parti il nome Spinelli, un potere evocativo che secondo gli investigatori era la forza dell’organizzazione. «Non c’era neanche bisogno di scomodarsi in minacce, era sufficiente pronunciare il cognome Spinelli per convincere chi doveva pagare la droga presa in conto vendita», ha spiegato il capo della Mobile anconetana Carlo Pinto illustrando l’operazione denominata “Mare e Monti”. «Si tratta di una delle più importanti operazioni di polizia condotte negli ultimi anni - è la valutazione del questore di Ancona Oreste Capocasa -. Per la prima volta si contesta a un gruppo di etnia rom il reato di associazione a delinquere finalizzata allo spaccio e all’estorsione, mentre in altre indagini erano contestati singoli episodi di spaccio o di estorsione».
E in questa indagine spicca il ruolo delle figure femminili, che per gli investigatori avevano sostituito compagni e mariti finiti in carcere. «Colpisce la loro determinazione e la forza nel controllo delle piazze di spaccio dovuta al loro nome - ha spiegato il questore -. Se un debitore non pagava, sapeva che non aveva a che fare con semplici donne, ma con un’intera famiglia. Il cognome dava garanzia assoluta sulla capacità di incassare le somme per la fornitura di droga. Il solido legame familiare dava forza all’organizzazione». E Giulia Spinelli non a caso era detta “La Signora”, perché secondo gli investigatori era titolata a spendere il nome della famiglia.
 
Una caratteristica, quella del gruppo familiare solidale, sottolineata dallo stesso gip nell’ordinanza, nella parte in cui riconosce la sussistenza del reato associativo. «Tutti dediti allo spaccio di cocaina - scrive il giudice preliminare Antonella Marrone motivando le sei misure cautelari -, collaboranti in maniera stabile al fine di assicurare i necessari rifornimenti e superare ostacoli rappresentati soprattutto dai controlli di polizia». E mesi e mesi di intercettazioni telefoniche «hanno evidenziato - si legge ancora nell’ordinanza – che ognuno è l’anello di una catena dell’illecita fornitura alimentata da legami parentali e dall’apporto della sostanza resa disponibile da Gjyshi». L’ordinanza sottolinea la collaborazione stabile tra Patrizia e Giulia Spinelli, figlia e madre, «nella creazione e nel mantenimento di una organizzata rete di spaccio facente riferimento al ristorante Mare e Monti, gestito dalla madre, all’interno del quale la cocaina risulta portata da fornitori».
Non è stata trovata droga - l’unica sostanza sequestrata, mezz’etto di polvere, dovrebbe essere mannite, sostanza da taglio - ma in casa di uno degli indagati (M.I. le iniziali, residente ad Ancona) sono state trovate una pistola giocattolo e una maschera in lattice che può essere usata come passamontagna, quasi un kit pronto per commettere rapine. L’indagine della Squadra mobile di Ancona, diretta dal dottor Carlo Pinto, era partita un anno fa, quasi per caso. I poliziotti indagavano su tutt’altro tipo di reati, quando intercettando un sospettato si sono accorti che consumava cocaina con una certa frequenza.
 
Così, decifrando il dialetto rom con l’aiuto di un interprete, sono riusciti a ricostruire la presunta rete di spaccio che si dipanava intorno al ristorante “Mare e Monti” gestito dalla più grande delle due Giulia Spinelli.
Un accurato lavoro d’intelligence - intercettazioni telefoniche, ma anche pedinamenti, rilevatori gps e microspie piazzate nelle auto e dozzine di consumatori di coca sentiti come testimoni - che ha portato il pm Rosario Lioniello a chiedere e ottenere l’emissione di misure cautelari. Gli ordinativi di droga venivano fatti usando termini in codice: le dosi di cocaina venivano chiamate a volte “pizze”, altre “bambini”. E mentre indagavano in gran segreto, i poliziotti della Mobile per due volte erano dovuti uscire allo scoperto. Il 16 gennaio scorso, quando Patrizia Spinelli e il marito albanese vennero intercettati in auto ad Agugliano ma evitarono l’arresto lanciando dal finestrino un involucro con 50 grammi di cocaina, recuperato poi dai cani antidroga. E l’8 marzo scorso, quando la “Signora” Giulia commise l’errore di portare cocaina nel ristorante perché una cliente chiedeva di celebrare la Festa della donna sniffando qualche “pista”. I poliziotti ne trovarono 5 grammi nel locale e altri 11 durante le perquisizioni. Giulia Spinelli fu arrestata con un’altra giovane della famiglia, ma vennero messe ai domiciliari e tornarono presto libere.

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