«Venduta dalla zia in cambio di cocaina»
L'odissea di Chiara, stuprata a 17 anni

«Venduta dalla zia in cambio di cocaina» L'odissea di Chiara, stuprata a 17 anni
di Isabella Faggiano
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Martedì 7 Dicembre 2010, 12:27 - Ultimo aggiornamento: 5 Gennaio, 18:53
ROMA (7 dicembre) - Fuggire da quell’istituto che aveva la pretesa di sostituire la sua famiglia era diventato il sogno pi grande. Perch Chiara (ma il nome di fantasia), voleva vivere con la zia Giuseppina, in una casa normale, con una cucina, una camera da letto, un bagno. Come tutte le ragazze della sua età. Senza sapere che proprio la persona che poteva restituirle una serena normalità familiare era talmente spietata da ”venderla” ad uno spacciatore in cambio di pochi grammi di cocaina.



E’ la vicenda terribile che ieri ha convinto il pm romano Gianfederica Dito a chiedere una condanna esemplare, a dieci anni di reclusione, per Franco Pappalardo, l’uomo che due anni fa violentò Chiara. Demolendo anche i suoi sogni di adolescente e la sua fiducia nell’unica parente che aveva dimostrato interesse per lei. Ma andiamo con ordine.



Quella di Chiara è la storia di una ragazzina di borgata, ribelle fin da bambina. Nata da genitori tossicodipendenti, aveva solo due anni quando i servizi sociali la affidarono ad una coppia di amici di famiglia. Un’esperienza durata ben poco, perché anche i ”nuovi” genitori non furono considerati adatti ad educare una bambina. Così, a otto anni, Chiara cominciò una lunga odissea nelle case di accoglienza; una condizione che non ha mai voluto accettare, che non ha mai saputo apprezzare, almeno fino a quando non è caduta in quella trappola.



Chiara desiderava una famiglia normale ed è per questo che, diventata adolescente, ha cercato di riallacciare il rapporti con sua zia Giuseppina. Sembrava la persona adatta per restituirle una vita normale, per starle vicino nel momento delicato dell’adolescenza, dei primi amori, dell’ingresso nel mondo dei ”grandi”. All’inizio gli assistenti sociali avevano qualche perplessità, perché anche la zia Giuseppina aveva problemi di tossicodipendenza. Ma decisero di fare buon viso a cattiva sorte: «In qualche modo - commenta Rossella Benedetti, il legale che tutela gli interessi di Chiara - fu necessario un compromesso tra la voglia di libertà della ragazza e le esigenze di tutelarla da chiunque potesse farle del male». Alla fine Chiara ebbe il permesso di trascorrere alcuni giorni al mese in casa della zia, per avviare un percorso legale che avrebbe portato all’affidamento definitivo alla donna. Fu proprio in uno di questi periodi, un paio di anni fa, che si verificò l’episodio che con grande travaglio Chiara è riuscita a confidare prima ad una suora e poi all’assistente sociale che la seguiva. E da quel momento ha cominciato ad apprezzare l’amore delle religiose che l’hanno cresciuta placando al tempo stesso la sua inquietudine, quella voglia di scappare via dall’unico posto che invece l’aveva protetta fino a quel momento.



Era accaduto che proprio la zia Giuseppina, quando le carte per l’affido erano ormai quasi pronte, la costrinse ad avere un rapporto sessuale con un uomo in cambio di una dose di cocaina. Chiara ha trovato la forza di descrivere cosa accadde il giorno della violenza, in una data non precisata, tra la fine del mese di febbraio e gli inizi di marzo del 2008. Era con la zia; era stata lei a condurla a casa di Franco Pappalardo, a Monte Mario. Lui era in camera da letto, a torso nudo, indossava soltanto dei boxer. È probabile che attendesse il loro arrivo. La bustina con la cocaina per Giuseppina era già pronta. La donna non aveva i soldi per pagare, e saldò il debito con una leggera pressione sulla spalla di Chiara, offrendola all’uomo, spingendola sul suo letto per poi uscire dalla stanza.



Mentre Chiara stava vivendo il momento più brutto della sua vita, lei era dietro la porta ad aspettare; la sentiva urlare, ascoltava ogni sua richiesta di aiuto, ma non fece nulla per sottrarla alla violenza. Dopo aver consumato un rapporto sessuale, l’uomo voleva andare oltre. Ma Chiara riuscì a opporsi, evitando così di essere vittima di un’ulteriore violenza.



Franco Pappalardo, ascoltato ieri in aula, si è dichiarato innocente. Ha negato anche di conoscere la vittima. L’avrebbe vista per la prima volta in tribunale, proprio in occasione del processo. La zia Giuseppina, invece, la conosceva, ma soltanto di vista: «Abita nel palazzo di fronte al mio - dice l’imputato - non sapevo nemmeno quale fosse il suo nome completo. L’ho sempre chiamata Pina. A casa mia non è mai venuta». Ma Chiara, durante le indagini, ha riconosciuto il suo carnefice in fotografia, tra le tante mostratele. È stata portata dagli inquirenti nella casa degli orrori, ha ricostruito tutto, ha descritto ogni dettaglio di quel luogo, ogni azione di quella giornata. Ora Franco Pappalardo è agli arresti domiciliari. La zia, invece, indagata fin dall’inizio, è deceduta nei mesi scorsi, a causa delle cattive condizioni di salute. In aula, il legale di parte civile Rossella Benedetti ha condiviso la richiesta del pm a dieci anni di carcere, per l’accusa di stupro di gruppo, in concorso con la zia deceduta. L’avvocato della difesa, Alberto Crasta, invece, ha chiesto l’assoluzione del suo assistito. La sentenza arriverà entro la fine del mese.
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